• Una chiacchierata con gli sviluppatori: la stesura di Battlefield 1

    Trovi che il giocatore singolo di Battlefield 1 sia straordinario? Non sei il solo a pensarla così. Le Storie di guerra, ambientate in luoghi diversi del pianeta, descrivono gli sforzi compiuti da uomini e donne sul campo di battaglia, in un modo mai utilizzato prima nella serie di Battlefield.

    Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Steven Hall, autore capo di Battlefield 1, per scoprire come sono nate le Storie di guerra. Scopri cosa si nasconde dietro le quinte della più coinvolgente campagna mai creata per Battlefield.

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    Parlaci del tuo ruolo nel giocatore singolo di Battlefield 1. Com'era la tua "tipica giornata lavorativa" durante la creazione del gioco?

    STEVEN HALL: "Io ho lavorato insieme al team DICE di Stoccolma per creare le storie, i personaggi e i copioni delle Storie di guerra di Battlefield 1. Raramente ho vissuto due giornate uguali fra loro! Ho passato settimane molto intense lavorando con la squadra sui concetti iniziali, per poi passare a scrivere, per dare una forma ai personaggi e alle vicende che avevamo definito.

    Subito dopo ho trascorso molto tempo lavorando al fianco di Eric Holmes, una persona davvero in gamba, direttore della progettazione del giocatore singolo. Per quanto pensasse principalmente all'azione di gioco, ha mostrato anche una grande considerazione per la storia. Io, invece, sono orientato su quest'ultima, ovviamente, ma conosco abbastanza bene anche il gioco. Così diciamo che ci siamo incontrati a metà strada, unendo storia e azione di gioco e ottenendo la base di ogni Storia di guerra.

    Partendo da queste basi ho scritto i copioni, collaborando con i direttori delle sequenze animate e con il direttore performance, affinché tutto venisse reso al meglio. È stato un procedimento basato sulla collaborazione, ma DICE mi ha comunque lasciato la libertà di fare di testa mia, quando pensavo che qualcosa fosse davvero importante. È stato fantastico."

    La campagna a giocatore singolo è stata lodata per il suo tono sobrio e per il rispetto mostrato nei confronti della Prima Guerra Mondiale. Come hai trovato il punto di equilibrio fra la serietà dell'argomento trattato e la leggerezza della narrazione?

    "Alla fine si tratta di essere onesti con i propri personaggi, lasciando che si comportino come veri esseri umani. Le persone reali possono essere divertenti, coraggiose ed eroiche. Ma anche insicure, terrorizzate, pronte a tradire e piene di contraddizioni. Le Storie di guerra offrono molta avventura e diversi atti eroici, ma quando le cose diventano serie, oppure orribili, ho fatto in modo che i personaggi reagiscano in un modo che sembri realistico agli occhi dell'osservatore. Mi è sembrato il metodo migliore per non mancare di rispetto a quel periodo.

    Anche gli esiti delle storie sono stati pensati per essere estremamente credibili. Non ci sono cerimonie per consegnare medaglie, nessuno "vince" realmente qualcosa nelle nostre storie. Le vittorie sono piccole, personali. Così come lo sono le sconfitte. Il nostro Harlem Hellfighter aveva una battuta che, più o meno, recitava: "I giornali parlano di imperi e nazioni, ma io non ho mai visto la Germania sul campo di battaglia, né la Francia urlare per le ferite subite. Io ho visto soltanto persone." Questo è l'approccio che io e il team abbiamo scelto di adottare.

    La Prima Guerra Mondiale è stata così immensa e orribile che è difficile capirne realmente l'entità a livello di numeri. Non si riesce a comprenderli per quello che sono. O, almeno, io non ci riesco. Se i giocatori possono entrare in sintonia con le reazioni di un singolo personaggio, però, ecco che forse possiamo creare un piccolo punto di contatto con quegli eventi." 

    Erano presenti un tema o un tono generali da seguire per quanto riguarda la stesura?

    "Trovare un tono non è facile. Volevamo essere onesti e rispettosi, ma come è già stato detto non volevamo rischiare di essere troppo cupi, neppure parlando di una tragedia di questa entità. Secondo me il compito più importante e difficile, per chi scrive i testi di un progetto, è riuscire a fissare nel modo giusto il tono, per poi rispettarlo in modo continuativo, oppure per cambiarlo a seconda delle necessità. Il lavoro dell'autore è il primo passo nel processo di creazione della storia: se commette un errore, tutto ciò che ne segue finisce per risultare imperfetto.

    Non che basti riuscire a trovare il tono giusto per completare l'opera. Anzi: questo è solo il primo ostacolo. Non si può parlare del tono delle Storie di guerra senza pensare alla straordinaria parte grafica, curata dai registi dei filmati. Oltre alla bellezza generale delle immagini, ci sono centinaia di piccoli particolari, come il modo in cui l'ombra del cappello di Townsend nasconde i suoi occhi nell'ultima parte di Sangue e fango, che riescono davvero a indirizzare le storie in un certo modo.

    Poi con noi avevamo Tom Keegan, il direttore performance, che ci ha dato una grossa mano nel rendere tutto credibile e che ha collaborato con gli attori sul set, per aiutarli a entrare nelle loro parti. Per ogni aspetto del giocatore singolo abbiamo potuto contare anche su Eric Holmes, che ha tenuto sotto controllo tutte le sezioni della nostra grande orchestra, non soltanto del gruppo degli autori, per fare in modo che tutti suonassero la stessa musica e tutto fosse coerente. Aver mantenuto unite così tante persone, con capacità, esperienza e responsabilità diverse, non è stata un'impresa da poco. Eric merita davvero i miei complimenti, per questo."

    Quale genere di possibilità e di sfide ti hanno offerto le Storie di guerra, come autore?

    "Per quanto riguarda le possibilità, mi hanno messo a disposizione protagonisti e punti di vista diversi: ogni Storia di guerra si è trasformata in qualcosa di unico, con il proprio inizio, la propria narrazione e la propria fine. Il concetto delle Storie di guerra fa in modo che sia la trama a dettare la struttura, invece del contrario: per esempio, non siamo costretti a prolungare la narrazione attraverso ore e ore di azione di gioco.

    D'altro canto, lavorare sulle Storie di guerra richiede molto più impegno! Invece di trovare un solo finale, devi escogitarne diversi. E quanto appena detto si moltiplica per ogni aspetto della narrazione. Il risultato finale, però, è molto più solido. Per un autore, per tutti coloro che lavorano alla narrativa, è davvero entusiasmante."  

    Hai mai considerato l'idea di creare una storia basata su un solo personaggio? Oppure le Storie di guerra sono state sempre l'unica opzione?

    "Quando ho iniziato a lavorare in DICE, ero pronto a perorare la causa dei protagonisti multipli: loro, però, erano già molto più avanti di me. Il formato a episodi stava già prendendo forma. E non soltanto perché è quello che meglio consente di raccontare una storia, ma anche perché offre moltissime cose da fare al giocatore, molte opportunità di scelta. Tutto era nuovo e innovativo. Per me, in quanto autore, è stato straordinario. Abbiamo pensato brevemente di introdurre una linea narrativa portante, ma poi abbiamo deciso di puntare tutto sulle storie brevi, senza mai pentirci della nostra decisione." 

    C'è una scena, un personaggio o una Storia di guerra che preferisci?

    "Non è facile scegliere, ma il personaggio che preferisco è Clyde Blackburn, in Amici nelle alte sfere. Adoro quel tizio, mi piace il modo in cui non cerca mai scuse, né giustificazioni. Lui è quello che è, e basta. I momenti finali di Amici nelle alte sfere non mancano mai di emozionarmi. La regia, la recitazione, il montaggio... È tutto perfetto, la resa è esattamente quella che volevo ottenere, mentre scrivevo i testi.

    E questo è il bello del lavorare con persone in gamba. Una volta completato il gioco, quando puoi smettere di concentrarti sulla parte che ti compete, puoi finalmente rilassarti, ammirando il lavoro portato a termine da tutti quanti."

    Scopri di più sulla campagna a giocatore singolo di Battlefield 1

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